Favole di Natale

Una breve riflessione natalizia, che vorrebbe essere anche una piccola provocazione: in questi ultimi tempi mi sono chiesto a che cosa potrebbe ancora servire il Natale, nell'epoca in cui le nuove “festività” laiche (mi riferisco in particolar modo al Black Friday da poco terminato) ne hanno ormai inglobato e depredato lo spirito, riducendolo a mero sottofondo e pretesto per un consumo ulteriormente sfrenato, svuotandolo infine di ogni suo più autentico senso e significato. Da una parte ci dicono che c’è crisi e che non ce n'è più per nessuno, dall'altra mi sembra di vivere nel paese dei balocchi, dove i negozi straripano di merci e guai a chi non si conforma alle ultime tendenze, pena l'esclusione sociale. A quale voce dovremmo credere, mi domando, di fronte a queste evidenze?
   Per avere una risposta, ma, soprattutto, per ritrovare un po’ di quell'ormai deceduto spirito natalizio, in questi giorni ho letto La favola di Natale di Giovannino Guareschi, sicuramente uno tra gli scrittori più importanti della mia terra, nato in provincia di Parma nel 1908.
Più precisamente, è la storia di un bambino il quale, la sera della Vigilia, dopo aver recitato la tradizionale poesia davanti alla sedia vuota del padre, si mette in viaggio verso il Paese lontano in cui quest'ultimo è prigioniero. Come specifica l’autore stesso nella premessa del libro, "questa favola è nata in un campo di concentramento del Nordovest germanico, nel dicembre del 1944, e le muse che l’ispirarono si chiamavano Freddo, Fame e Nostalgia”. In parole povere, venne scritta a conforto di quanti (ed erano davvero tanti) furono internati in Germania per aver rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò e di collaborare con i tedeschi, e proprio in questo risiede la sua grande forza.
   Consiglierei a tutti di leggere questa breve opera in attesa del Natale, non solo perché fortemente carica di un messaggio universale di pace e di speranza (indipendentemente da ogni credo), ma anche per riscoprire il pensiero straordinariamente attuale di uno scrittore ingiustamente trascurato dalla critica e dalla storia, che chissà cosa penserebbe - e scriverebbe! - della società dei giorni nostri, se fosse ancora in vita.
   La favola di Natale venne letta per la prima volta dallo stesso Guareschi proprio la sera della Vigilia del 1944, nella cosiddetta baracca del “teatro” del Lager di Sandbostel, con tanto di orchestra, coro e cantanti a commento delle sue parole. Fu, a mio parere, una grande dimostrazione di cosa può essere capace l’animo umano di fronte alla miseria, quella vera, ma, ancor più, un’autentica lezione di vita per chiunque non voglia smettere mai di imparare:

“Ognuno si trovò improvvisamente nudo; tutto fu lasciato fuori del reticolato; la fama e il grado, bene o male guadagnati. E ognuno si ritrovò soltanto con le cose che aveva dentro. Con la sua effettiva ricchezza o con la sua effettiva povertà” 



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