Concorsi letterari e giovinezza


“Non raccontate mai niente a nessuno. Se lo fate, poi comincia a mancarvi chiunque”

A volte può essere singolare il modo in cui un libro entra a far parte della nostra vita, magari proprio da un giorno all’altro e senza nemmeno un minimo di preavviso, soprattutto se da questo avvenimento nasce infine un grande amore per uno scrittore. E’ successo a me, solamente pochi giorni fa e nel luogo più impensabile al mondo: un enorme negozio di elettrodomestici. Stavo sistemando un grosso volume che si era accasciato sotto il suo stesso peso sullo scaffale dei libri in vendita (detesto vedere un’opera che si stropiccia inutilmente), quando, d’un tratto, sono stato sorpreso dal candore della copertina de Il giovane Holden di J. D. Salinger. Mi sono sentito come inchiodato; per un attimo, infatti, ho avuto la netta sensazione che fosse proprio lì ad aspettarmi, l’Holden, dietro quell’ingombrante volume che avevo tenuto in mano giusto per un momento. E’ finita che non sono riuscito a dirgli di no per l’ennesima volta. Erano anni che, per un motivo o per l’altro, ne rimandavo la lettura. Adesso, invece, una ragione per portarmelo a casa ce l’avevo eccome: l’avvicinarsi della seconda edizione del concorso letterario Senghor. Quella stessa sera, pertanto, ho potuto fare conoscenza con il celebre Holden Caulfield, un po’ per trovare ispirazione, e un po’ per cercare di comprendere i segreti della scrittura di Salinger, tanto amata dalle giovani generazioni di tutto il mondo fin dal lontano 1951, anno della prima pubblicazione de Il giovane Holden.

E’ un libro forte, Il giovane Holden, che consiglierei in particolar modo a chiunque senta di possedere uno spirito anarchico, ma abbia ancora troppa poca esperienza di vita sulle spalle per capire fino in fondo come mai, alle volte, le autorità siano tanto detestabili. Holden Caulfield, protagonista e io narrante del romanzo, è un giovane ragazzo parecchio irrequieto, come, del resto, tutti gli adolescenti in cerca di un’identità ben definita. Non molto tempo prima viene cacciato dalla Pencey, una prestigiosa scuola americana, e si appresta a raccontare in retrospettiva le sue disavventure di quei terribili giorni, le quali costituiscono anche il fulcro dell’intera narrazione (“Vi racconterò giusto la roba da matti che mi è capitata sotto Natale, prima di ritrovarmi così a pezzi che poi sono dovuto venire qui a stare un po’ tranquillo”, ci avvisa l’Holden-narratore fin dalle prime righe). La forza di Holden risiede proprio nella voce, e nella sua capacità di descrivere le situazioni e i personaggi incontrati nell’arco di quei due intensi giorni di vagabondaggio per New York, città in cui il protagonista è nato e cresciuto. Vi riporto ora un breve aneddoto sul romanzo di Salinger, fondamentale per capirne il senso e il significato più profondi: il titolo originale, The Catcher in the Rye, non ha nulla a che vedere con la sua traduzione italiana come la conosciamo noi oggi. Questo titolo viene da una convinzione errata di Holden, il quale, ricordandosi male il verso di una famosa canzone scozzese, si immagina una moltitudine di bambini che giocano in un campo di segale, sull’orlo di un dirupo; quando un bambino sta per cadere nell’abisso c'è qualcuno che prontamente lo acchiappa al volo, l’acchiappatore nella segale per l’appunto, da cui il titolo originale The Catcher in the Rye (“Sarei l’acchiappabambini del campo di segale. So che è da pazzi, ma è l’unica cosa che mi piacerebbe fare davvero”, confida Holden alla sorellina Phoebe in una delle scene chiave del romanzo). Per Holden, ovviamente, il precipizio corrisponde all’età adulta, e il campo di segale all’innocenza e alla spontaneità dell’infanzia, ed ecco quindi svelato il mistero della grande inquietudine di cui l'intera vicenda di Holden è pervasa. All’epoca della sua pubblicazione il libro fece però alquanto scalpore, non mancando tuttavia di influenzare in modo decisivo il panorama letterario americano e, più in generale, l’immaginario collettivo di intere generazioni. Riporto qui la celebre introduzione del romanzo, sperando possa invogliarvi, più di tante mie ulteriori parole, a tuffarvi nelle sue pagine e leggervelo tutto d’un fiato, proprio come è successo a me:

“Se davvero volete sentirne parlare, la prima cosa che vorrete sapere sarà dove sono nato, e che schifo di infanzia ho avuto, e cosa facevano e non facevano i miei genitori prima che nascessi, e altre stronzate alla David Copperfield, ma a me non va di entrare nei dettagli, se proprio volete la verità. Primo, è roba che m’annoia, e secondo ai miei verrebbero un paio di ictus a testa, se andassi in giro a raccontare i fatti loro. Su certe cose sono permalosissimi, specie mio padre. Simpatici, per carità, ma anche parecchio permalosi. E poi non mi metto certo a farvi la mia stupida autobiografia o non so cosa. Vi racconterò giusto la roba da matti che mi è capitata sotto Natale, prima di ritrovarmi così a pezzi che poi sono dovuto venire qui a stare un po’ tranquillo”.

E qui il cerchio si chiude. Obiettivo primario del concorso letterario Senghor rimane quello di dar voce alle giovani generazioni, avendo affrontato fin dalla sua prima edizione la tematica dell’identità nella delicata età giovanile. Siamo ormai giunti alla seconda ripetizione e, se l’anno scorso bisognava provare a rispondere alla domanda Chi sono io? Chi sarò? tramite le più svariate forme espressive, quest’anno ci si dovrà interrogare invece sul contesto in cui viviamo e su come quest’ultimo possa influenzare la nostra identità, nel bene come nel male. Cosa sarebbe stato del giovane Holden Caulfield, se avesse trovato un ambiente più consono alle proprie esigenze e aspettative? Con quale stato d’animo e ambizioni avrebbe potuto cominciare il nuovo anno scolastico, provando a immaginare il suo futuro in base agli elementi emersi dal romanzo? La scrittura, del resto, serve anche a questo: a porre e porsi domande su noi stessi e sul mondo che ci circonda, nonché per esplorare una miriade di nuovi orizzonti, nella speranza di riuscire a intravedere qualcosa di inedito -
 che sia un semplice dettaglio, un mistero, oppure una consapevolezza di vita - ogni qual volta prendiamo in mano una penna. Richiamo qui, per chi fosse interessato a partecipare, il tema completo della seconda edizione del concorso Senghor, rinnovando il mio pensiero e augurio che la scrittura possa essere prima di tutto uno strumento di condivisione e di scambio, oltre che mera competizione:

IL CONTESTO IN CUI VIVO, CIO’ CHE SONO E CHE SARO’.
“Avevo davanti tutta la vita e tutta la mia vita sarebbe stata piena e meravigliosa. Ero una campionessa e avevo tutto il tempo del mondo per dimostrarlo. Ero una stella cometa in un tessuto trapuntato di astri luminosissimi”.
Tratto da “Non dirmi che hai paura” di Giuseppe Catozzella





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